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In ricordo di Romeo Bassoli

Per ricordare il collega e amico Romeo Bassoli, scomparso oggi, ripubblichiamo il testo scritto da Silvia Bencivelli:

La foto usata da Romeo Bassoli nel suo profilo Facebook, sul quale ha voluto condividere in modo molto inusuale, aperto ed emotivamente siglificativo, l'esperienza dei suoi ultimi giorni di vita.

La foto usata da Romeo Bassoli nel suo profilo Facebook, sul quale ha voluto condividere in modo molto inusuale, aperto ed emotivamente significativo, l’esperienza dei suoi ultimi giorni di vita.

Dalla parte di Romeo: sono una ragazza fortunata perché mi hanno regalato un maestro

BY SILVIA, ON OCTOBER 16TH, 2013

La prima volta che ci siamo visti è stato all’orale dell’esame per l’ammissione al Master in comunicazione della scienza, a Trieste, undici anni fa.
Avevo fatto uno scritto così così e andavo all’orale allegra: per me, in quel momento, lacomunicazionedellascienza rappresentava soprattutto una via di fuga dignitosa dalla medicina, ma chissà quante altre avrei potuto trovarne a cercare bene. Non avevo la minima idea di che cosa significasse davvero, e avevo addosso tutta la mia curiosità impertinente e sul volto la mia bella faccia di culo.
Mi sono seduta. Al tavolo a ferro di cavallo c’erano almeno sei o sette persone, forse otto.
Alla fine dello strano colloquio (l’ultimo film che hai visto, un libro di scienza che hai letto, perché qui hai scritto questo, che cosa vuoi fare da grande? eh…), la domanda delle cento pistole me l’ha fatta Romeo Bassoli.
L’ultima volta che sono venuto a Pisa ho letto una scritta sul muro della Normale. Diceva: “livornesi aploidi”. Me la commenta?
L’ho guardato. Sorrideva sotto la barba. E, boh, devo averlo capito.
Così ho risposto: È comunicazionedellascienza anche quella. Invece, a proposito di comunicazionedellatecnologia, sui muri di via Gori può trovarne una che dice “Wojtyla è un ologramma”.
Risate*. Fine dell’esame. Eccomi a imparare il mestiere, con Romeo.

Capirsi al volo. E che lusinga, capirsi al volo con lui.
Prima lezione: via quell’aria snob e cerca di divertirti.
Una volta abbiamo scritto una pagina sugli animali clonati, per un quotidiano con cui collaboravamo in maniera fissa. Un po’ di animali a testa, tra topolini, gattini, pecorelle e tori. A me non ricordo che cosa fosse toccato, a lui di sicuro anche il cavallo.
Mandiamo i pezzi in redazione e dopo poco ci chiamano chiedendoci le foto. Prepariamo anche le foto e un file a parte con le dida. Per la foto del cavallo clonato, per giocare, lui scrive clonallo.
E il giorno dopo sul giornale ecco che campeggia la foto di un clonallo!
Nessuno aveva cambiato la dida, nessuno aveva capito che era una battuta.
Poco dopo tocca a me un pezzo sui giapponesi che costruiscono animaletti robot per fare compagnia agli anziani. Scrivo un altro articolo pieno di animaletti: qui ci sono i soliti gattini ma anche le foche e non ricordo che cos’altro. Alla fine della lista, inserisco, per fare la spiritosa, un assurdo cane cantante.
Ma vi pare che i vecchi giapponesi si mettono in casa un alano che canta?
Trattenendo a stento le risate, lo mando a Romeo che deve passarlo prima di mandarlo in redazione.
E lui legge tutto ma non ci trova niente di strano. Non si accorge del cane cantante!
Oh, quanto ho riso. E quanti sguardi interrogativi e sorridenti mi ha mandato per tutta un’intera giornata. Scrivevo e ridevo, scrivevo e ridevo, e Romeo non capiva: scuoteva la testa e rideva anche lui.
E il giorno dopo, sul giornale, ecco lì il mio cane cantante!
Beh, lo so che non si dovrebbe fare. Ma ero giovane. E mi avevano detto che dovevo divertirmi, anche sul lavoro.

Ma poi ne combino una peggiore.
Quella volta non era per fare la spiritosa, giuro. Ma correggi e ricorreggi e adatta e rendi l’articolo il più aderente possibile alla richiesta [= a quello che il caposervizio ha capito del pezzo che tu gli hai proposto e di cui non ha una minima idea ma per il quale, proprio per via del fraintendimento di cui sopra, ti ha riservato con entusiasmo uno spazio in prima pagina] alla fine, scrivo una bufala. Una bufala bella e buona. Cioè: non è che la scrivo io, è che l’attacco viene un po’ modificato prima della pubblicazione e il titolo viene sparato senza pietà. Comunque alla fine la firma è la mia. La bufala è mia.
Non mi sono divertita per niente a vederla in pagina. Con un catenaccio e un sommario che dicevano assurdità, io che sono una scienziata di ferro, nonostante il richiamo del cane cantante.
Ero arrabbiata, piena di vergogna e di tensione.
Per di più, ci hanno chiamati da Radio2 Rai: un programma di intrattenimento aveva visto il mio pezzo e aveva deciso di parlarne in diretta nazionale. Andiamo bene.
Romeo… che faccio? La sua risposta, più o meno: sei in ballo, balla.
E ho ballato.
Da quella bufala è nato un libro tradotto in tre lingue.
E non ho mai ringraziato abbastanza Romeo e la sua lezione. La seconda lezione: che fai, ti tiri indietro?

La terza, la quarta, la quinta e la ennesima lezione le tengo per me.
Non saprei nemmeno riassumerle, temo. C’era quella: un po’ di human touch, mettici un po’ di human touch!C’erano i richiami delle lezioni precedenti, come quando entrò nella stanza dove scribacchiavamo noi giovani colleghi dicendoci che per l’8 settembre ci toccava il paginone. Io, sorpresa e ingenua: tutti a casa? scriviamo di storia, adesso? E la risposta: eh… no! il rientro dalle ferie e le malattie da stress! Ricordati la prima lezione: via quell’aria snob.
C’è stato tutto un pomeriggio nel suo ufficio a farsi raccontare l’ufficio stampa, per scriverne un capitolo del manuale di comunicazione della scienza: e da chi, se non da lui, copiare le idee? Ci sono state le lezioni di giochi di parole e quelle di metafore intelligenti, le lezioni di farsi furbo col sorriso e quelle, più importanti, di onestà e umanità.
Ne ho avute tante di lezioni, da allora.
Sono stata fortunata. L’ultima cosa a cui avrei pensato è di trovarmi a ripensare a quelle lezioni e a quelle scritte sui muri di Pisa, per raccontare qui, a voi, quanto sia stato bello imparare da Romeo.

* I teorici in questi casi parlano di comunicazione implicita della scienza. Noi non siamo teorici.

http://silviabencivelli.it/2013/dalla-parte-di-romeo-sono-una-ragazza-fortunata/

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