Mautino racconta il suo nuovo libro “Il trucco c’è e si vede”
Intervistiamo Beatrice Mautino, autrice del libro “Il trucco c’è e si vede”, interessante e singolare caso editoriale di successo capace di creare un forte engagement in rete, tra social e youtube, su un argomento che raramente viene associato alla scienza: i cosmetici.
Il tuo libro sta avendo un grosso successo, al punto di essere subito andato a ruba e in ristampa. Ti aspettavi un interesse sulla cosmesi così diffuso?
Prima di mettermi seriamente a scrivere ho fatto un’indagine di mercato sia per capire se c’erano già libri come quello che avrei voluto scrivere io (e non c’erano), sia per individuare e conoscere il mio target di riferimento. Ho scoperto, per esempio, che i canali di make-up su YouTube sono tra quelli che vanno di più o che i forum online, che io consideravo morti ormai da anni, nel caso dei cosmetici vivono e sono anche frequentatissimi da persone di tutti i tipi. Quindi sì, sapevo che era un tema forte, ma non immaginavo che un libro come il mio potesse “uscire dalla bolla” dei saggi scientifici e raggiungere davvero quel pubblico lì. Sono un’outsider di quel mondo, non ho mai frequentato attivamente l’ambiente e il mio nome non era di sicuro fra quelli che circolavano. E invece è successo il contrario di quello che mi immaginavo. Il libro non credo sia percepito come saggio scientifico circa da nessuno, anche se poi di scienza e soprattutto di metodo scientifico dentro ce n’è eccome, e viene letto “per saperne di più”, “per colmare un vuoto”, “per leggere finalmente qualcosa di documentato”, cito dai commenti che mi arrivano, da persone che il più delle volte non hanno una formazione scientifica: estetiste che lo usano per rispondere alle domande delle clienti, parrucchieri che lo mettono assieme alle riviste in sala d’attesa, ragazze appassionate di trucchi che mi scrivono cose bellissime o donne già mature che mi dicono che “è liberatorio”. Insomma, al di là dei numeri, devo dire che da un paio di mesi sorrido molto.
Come è nata l’idea di approfondire e studiare i claim dei prodotti che troviamo in profumeria e nei supermercati?
L’idea è nata proprio girando al supermercato mentre scrivevo Contro Natura con Dario. Abbiamo passato intere giornate fra gli scaffali a fotografare prodotti ed etichette e le somiglianze con i claim che imperversavano qualche scaffale più in là nel reparto “benessere” sono diventate via via sempre più evidenti. Per ogni pacco di biscotti “senza olio di palma” c’era almeno un deodorante “senza parabeni”, a ogni “curcuma” o “bacca di goji” magnificate nel banco frigo corrispondevano complessi cellulari bioattivi, acidi ialuronici e proteine della seta. E mi sono detta che se le dinamiche di marketing erano le stesse, alla fine potevano essere le stesse anche le paure, le speranze e le perplessità dei consumatori che conoscevo bene nel campo dell’alimentazione.
Il tuo lavoro rientra nel filone della comunicazione, più che mai di attualità, che sfata miti e fake news. Come si può arrivare al pubblico di non esperti e convincerlo senza entrare troppo nei tecnicismi?
Nella versione originale, il libro doveva essere molto più orientato sullo sbufalamento. Doveva avere più capitoli, quindi trattare più argomenti in maniera più superficiale, focalizzandosi soprattutto su “inganni e bugie”, come dice il sottotitolo. Però non mi convinceva. Quello che viene chiamato debunking per me è sempre stato uno strumento più che un fine. Se mi serve per spiegare un concetto ben venga, così come ben venga far chiarezza su alcuni temi particolarmente critici, come i parabeni. Ma l’obiettivo finale del libro era quello di far intravedere la complessità di un settore che è praticamente sconosciuto e che comunica con noi consumatori solo attraverso la pubblicità che deve semplificare e, ovviamente, persuadere. Quindi, più che smontare la tal bufala o “convincere”, mi interessava che il libro facesse nascere domande e mostrasse i cosmetici da un punto di vista diverso. Alcune risposte nel libro ci sono altre no, ma ci sono abbastanza strumenti per provare a cercarsele da soli.
“Il trucco c’è e si vede” incontra il gusto delle lettrici (ma sicuramente anche di qualche lettore) non solo per i contenuti ma anche per il tuo tipico modo ironico e leggero di raccontare la scienza come fosse una storia della buonanotte. Come sta andando il tuo canale youtube?
Sta andando benone. O almeno, così mi dicono quelli che ne capiscono. Ho fatto il primo video a gennaio, pochi giorni prima dell’uscita del libro. All’epoca avevo una quarantina di iscritti con i quali non avevo mai interagito. A due mesi di distanza, i video sono quattro, ma gli iscritti sono saliti a 14mila, con più di 200mila visualizzazioni complessive e 1500 commenti. Sono per la maggior parte donne (circa il 70%) e per la maggior parte giovani (il 40% nella fascia tra i 18 e i 35 anni) e arrivano da me principalmente con il passa parola.
Ho sempre frequentato molto i social e li ho sempre usati anche per lavorare, ma non li avevo mai usati per comunicare direttamente con i miei lettori, banalmente perché interagivo principalmente con persone che conoscevo o che erano arrivate a me perché mi avevano letta da qualche parte. Ecco, adesso invece le persone arrivano sui miei canali per i contenuti che condivido, fanno domande, vanno a leggersi o a guardare le altre cose che scrivo e poi magari qualcuno sceglie di comprare il libro. Non ho i dati settimanali di vendita del libro perché non sono dati pubblici, ma ogni volta che pubblico un video vedo il libro guadagnare qualche centinaio di posizioni nella classifica di Amazon.
Il libro ha potenzialmente un impatto economico incredibile, se lo leggessero tutte le donne italiane probabilmente molte profumerie fallirebbero. Secondo te una volta passata la demonizzazione di alcuni ingredienti inizierà quella verso altri? E’ il marketing estremo il più potente motore del consumo?
Ne spunteranno sicuramente altri, ma è un gioco al rialzo che mette in difficoltà le aziende stesse. In questi mesi ho discusso con molti addetti ai lavori e l’esigenza di alzare l’asticella e darsi delle regole un po’ più rigide mi sembra abbastanza condivisa. Nei prossimi anni dovrebbe esserci una revisione del regolamento sui claim legati all’efficacia dei prodotti e si sta discutendo di normare il settore della cosmesi “naturale”. insomma, ci sono le premesse per un cambiamento parziale di rotta. Quella che continua a mancare è l’informazione critica su questi temi sui media tradizionali.
Durante la lettura prima o poi si prova quella irritante sensazione di presa in giro, in un modo o nell’altro è impossibile non cadere nella trappola dei claim. Eppure cercare dei prodotti senza claim e loghi ingannevoli sembra una vera e propria mission impossible. Ovviamente non puoi fare pubblicità, ma esistono prodotti “onesti”?
Certo che esistono. Ci sono aziende che hanno fatto dell’approccio trasparente il loro marchio di fabbrica, altre che scelgono la semplicità. Alla fine sono strategie di marketing anche queste che colpiscono target diversi. Non mi piace il marketing che fa leva sulle paure o che promette l’impossibile, ma non voglio demonizzarlo totalmente. È una parte molto importante di tutta la filiera cosmetica.
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